Riceviamo e pubblichiamo la lettera indirizzata dall'oriundo castellanese Vittorio Leone - docente di selvicoltura generale, al sindaco del Comune di Castellana-Grotte Franco Tricase. L'argomento è quello dei lavori, e del conseguente abbattimento dei pini, di piazza Caduti Castellanesi.
Gentile Sindaco,
desidero anzitutto esprimerle le mie congratulazioni per la recente riconferma, che senza dubbio sancisce la fiducia che la collettività castellanese ripone nella sua persona. Mi consenta ora di esprimere qualche opinione personale sulla vicenda della piazzetta della Rimembranza.
Lo faccio come castellanese, anche se non più residente da molti anni, ma sempre legato al luogo delle radici.
Lo faccio anche perché quella piazzetta mi è affettivamente legata: due giovanissimi cugini di mio padre, i fratelli Gabrieli, cui è intitolata una delle strade che scendono verso la piazza, persero infatti la vita a poche settimane l’uno dall’altro nella Grande Guerra, lasciando disperazione e dolore senza fine, di cui da bambino ho di persona un altrettanto doloroso ricordo.
La piazzetta con i pini è quindi traccia di una pietas di altri tempi, sentimento oggi del tutto desueto e fuori moda e voleva essere testimonianza imperitura della riconoscenza della collettività nei riguardi delle innumerevoli vite perdute di cui ormai il ricordo è del tutto svanito, non fosse altro che per motivi cronologici.
Nel prediporre il progetto di recupero e miglioramento questa particolare connotazione, tra l’altro sancita da precise norme di legge, avrebbe dovuto essere rispettata al meglio. Ho invece la personale impressione che il progettista l’abbia considerata cosi come avviene per i vecchi fabbricati, di cui si considera la volumetria recuperabile e sviluppabile ex novo senza alcuna altra
considerazione.
Abbattuti tanti soggetti, se ne pongono a dimora altrettanti, senza nessuna esitazione.
Le piante di pino, ognuna delle quali ricordava una persona (ricordo le targhette di smalto attaccate ad ogni tronco negli anni 40) sono state sbrigativamente condannate senza appello, sulla base di sommarie e apodittiche considerazioni tecniche e cosa oltremodo vergognosa ed incivile, troncate e lasciate lentamente morire senza alcun rispetto, tra l’altro di fronte ad una scuola elementare nella quale credo sia abbastanza arduo in futuro festeggiare la Festa degli Alberi.
Mi permetto di insistere sulle valutazioni tecniche, in qualità di già docente universitario ordinario di Selvicoltura, al cui interno è ricompresa la disciplina relativa al verde urbano.
La particolare inclinazione di certe piante non era di per sé motivo sufficiente per deciderne l’abbattimento in assenza di precise e abbastanza note valutazioni tecniche che si effettuano in questi casi, non fosse altro perché esse hanno resisitito senza problema a numerose nevicate storiche senza alcun cedimento e, non ultimo lo scorso aprile, da molti anni ospitano giostre e simili impianti in occasione della Festa d’Aprile, senza alcuna riserva da parte dell’Amministrazione che consente tale destinazione seppur temporanea, valutando quindi implicitamente l’assenza di qualsiasi rischio per l’incolumità degli eventuali ospiti.
Ma ammesso che fosse necessario l’abbattimento, ne avrebbe dovuto essere rispettata la fisionomia di ogetto della memoria, evitando di lasciarle così come oggi appaiono a chi entra in paese.
L’impressione che se ne coglie è di profondo ed incolto disprezzo, poiché sono lì da settimane senza nessuna spiegazione plausibile.
Mi consenta un’ultima considerazione sempre di natura tecnica specifica: mi risulta che sulle piante residue, quelle che si salveranno dalla decisone dell’abbattimento, si dovrebbero effettuare potature di alleggerimento. La prego di considerare e di farne, se lo ritiene, oggetto di particolare attenzione ai tecnici responsabili del procedimento, che le conifere, come i pini, non possono essere potate e capitozzate come gli olivi, ma soltanto spalcate nella parte bassa. Il territorio è pieno di piante di
pino selvaggiamente potate alla stregua di mandorli od olivi, che lentamente ma inesorabilmente muoiono nel giro di qualche anno. Mi consenta quindi chiederle, per quelle che rimarranno, un doveroso rispetto.
Le sono grato per l’attenzione che vorrà portare alle mie considerazioni e rimango fiducioso in attesa che il primo cittadino di Castellana si esprima in modo chiaro in difesa di quel luogo così caro alla pietà di altri tempi ma così maltrattato oggi in nome della riqualificazione (abbellimento urbano).
Con viva cordialità.