"Sì, quest'è l'unica e certa speme. Soffrire e miseri morire insieme" - Giulietta.
Da Piramo e Tisbe delle Metamorfosi ovidiane, agli amanti del Masuccio Salernitano, a Matteo Bandello, alla "Romeo and Juliet" di Shakesperare e, infine, alla tragedia di Scevola, la vicenda dei giovani divisi dalle loro famiglie e morti - infine - per amore ha segnato la letteratura, il teatro e la musica.
Ed è ancora con gli amanti immortali che prende il via, sotto i migliori auspici, la quarantaquattresima edizione del Festival della Valle d’Itria di Martina Franca.
Prima serata affidata, infatti, alla tragedia in due atti "Giulietta e Romeo" di Nicola Vaccaj, il compositore tolentinese noto autore del "Metodo pratico di canto italiano per camera in quindici lezioni" in uso ancor oggi. Composto nel 1825 su libretto di Felice Romani e andato in scena nello stesso anno con enorme successo, per la prima volta, al Teatro della Canobbiana di Milano, il lavoro propone una versione maggiormente stringata della storia, nella quale Giulietta pare ondannata per l'ambizione paterna ad un matrimonio combinato. Diretta da Cecilia Ligorio, la regista de "I Baccanali" di Steffani nell'edizione 2016 della manifestazione, l'opera proposta nell’edizione critica a cura di Ilaria Narici, edita da Casa Ricordi si è avvalsa della direzione di Sesto Quatrini, trentaquattrenne direttore d'orchestra romano. Dalla sua bacchetta, tempo e attacchi per i virtuosi dell’Orchestra dell’Accademia Teatro alla Scala di Milano e il Coro del Teatro Municipale di Piacenza, istituzione della veneranda età di 214 anni.
Se la trama è universalmente nota, inedita è la versione proposta con recitativi accompagnati in luogo dei secchi, a tutto vantaggio del pathos dettato dalla vicenda.
Splendida Giulietta è la soprano Leonor Bonilla. Il suo Romeo en travesti, invece, è la mezzosoprano Raffaella Lupinacci, nel ruolo che fu della grande Maria Malibran e, ab orgine, creato per il contralto Adele Cesari. Capellio, padre-padrone, è il tenore Leonardo Cortellazzi e la soprano Paoletta Marrocu è Adele, maschera del dolore di madre. Ancora, i baritoni Vasa Stajkic e Christian Senn sono, rispettivamente, il marito prescelto Tebaldo e l'incosapevole latore della sventura Lorenzo. Ognuno con temi e linee vocali ben definite, in sinergica cooperazione alla costruzione dei personaggi.
Scene tetre di Alessia Colosso nell'atrio di Palazzo Ducale, impregnate dal sentore della dèbacle finale, ché qui per la virginale Giulietta di Zeffirelli "non è aria". Il balcone, assente nella versione di Vaccaj, è divenuto squarcio sulla stanza, condivisione dell'intimità, discreto spazio per i sentimenti femminili nel mondo maschile e dominatore di Capellio.
Quanto ai costumi di Giuseppe Palella, dialogico confronto tra cappe Tudor e sontuosi "night dressing" da primo Ottocento. Nessuna mussolina adolescenziale per Giulietta, ma il ritratto di una donna nel pieno della sua capacità di passione.
Notevoli i lupi e gli angeli della morte, al servizio della trama. Luci di Luciano Novelli.
Scene tetre di Alessia Colosso nell'atrio di Palazzo Ducale, impregnate dal sentore della dèbacle finale, ché qui per la virginale Giulietta di Zeffirelli "non è aria". Il balcone, assente nella versione di Vaccaj, è divenuto squarcio sulla stanza, condivisione dell'intimità, discreto spazio per i sentimenti femminili nel mondo maschile e dominatore di Capellio.
Quanto ai costumi di Giuseppe Palella, dialogico confronto tra cappe Tudor e sontuosi "night dressing" da primo Ottocento. Nessuna mussolina adolescenziale per Giulietta, ma il ritratto di una donna nel pieno della sua capacità di passione.
Notevoli i lupi e gli angeli della morte, al servizio della trama. Luci di Luciano Novelli.
Dopo il debutto, altre due repliche per apprezzare l'opera di Vaccaj, il 15 e il 31 luglio. La recita del 31 luglio, inoltre, verrà trasmessa in diretta su Radio 3 Rai.
Per il programma completo della manifestazione martinese www.festivaldellavalleditria.it
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(Foto Marta Massafra)
(Foto Paolo Conserva)