La potenza evocativa del Gospel americano arriva alle Grotte di Castellana per il terzo appuntamento de “Grotte d’Inverno 2018”.
La formazione newyorkese “The Harlem Voices”, 7 elementi di cui 4 voci e una sezione ritmica costituita da tastiera, basso e batteria, guidata da Eric B.Turner ha regalato al pubblico un concerto intimo, ma gioioso.
Eric, pastore del Worship Center Church of Harlem e professore di Psicologia dello Spettacolo alla prestigiosa New York University, cantante ed attore di grande esperienza che vanta prestigiose collaborazioni fra cui quella con Mariah Carey, da vero preacher man ha creato con le sue parole, ma soprattutto con la sua estensione vocale, un’atmosfera molto spiritual.
Del resto il luogo, cosi ancestrale e profondo, invoglia a mettersi in contatto con il divino e le melodie soul di alcuni pezzi hanno lanciato messaggi di speranza e amore, come solo la musica può fare, abbattendo le nostre sovrastrutture, parlando direttamente all’anima.
The Harlem Voices nascono nel 2015 ad Harlem, New York, dall’unione di musicisti che hanno militato in alcuni dei più prestigiosi gruppi gospel e calcato il palco insieme ad artisti di caratura mondiale in lunghe tournée.
Lo spettacolo in Grave ha però dilatato i confini del gospel, mescolando il meglio della tradizione musicale dei neri d’America. Un perfetto melting pot di sfumature blues, soul, e funky, pescando anche nel repertorio pop inglese con una versione molto emozionante della celeberrima “You’ve got a friend” di James Taylor, che nel 1971 vinse un Grammy Award.
Un repertorio gospel non scontato, di perfetta alternanza fra pezzi connotati da forte intimismo, fra cui una versione in inglese molto toccante di “Adeste fideles” e canzoni decisamente pop come “That’s what friends are for” nella versione di Dionne Warwick & friends e “We are the world”, indimenticabile inno alla solidarietà degli USA for Africa che nel 1985 raccolse oltre cento milioni di dollari.
The Harlem Voices hanno proposto un repertorio il cui il leit motiv è la speranza, l’amore, la fiducia, la solidarietà, concetti che hanno trovato sintesi nella commovente “Hallelujah” di Leonard Cohen, che la profonda voce di Eric B. Turner ha fatto echeggiare in un assolo.
Lo spettacolo si è concluso con l’immancabile “Happy days”, quelli che auguriamo a tutti per il prossimo anno.
Ad immutabile cornice di un questo godibilissimo concerto, la Grave, spettatrice millenaria della volubilità del genere umano.