Il 27 gennaio si celebra il Giorno della Memoria, ricorrenza dedicata al ricordo delle vittime della Shoah. Istituita in Italia nel 2000, rammenta l'eccidio di oltre sei milioni di ebrei - nonché di un numero imprecisato di omosessuali, disabili, detenuti politici, testimoni di geova e sinti - da parte dei nazifascisti e coincide con il giorno nel quale le truppe dell'Armata rossa abbatterono i cancelli di Auschwitz, in Polonia, il più noto tra i campi di sterminio.
A scuola e nelle associazioni, come alla filodrammatica Ciccio Clori e nell'aps Giovani Castellanesi, si è colta l'occasione della ricorrenza per tornare a parlarne: Shoah come uccisione di massa, ma anche come leggi razziali, discriminazione, emarginazione, deportazione, eugenetica, persecuzione per motivi religiosi, temi di stringente attualità.
Il male, dunque, l'altra faccia del bene, quello che è accaduto e che potrebbe riaccadere.
Per Zygmunt Bauman "Il terrore inespresso che permea il nostro ricordo dell’Olocausto (collegato, e non a caso, al pressante desiderio di non trovarsi faccia a faccia con tale ricordo) è dovuto al tormentoso sospetto che l’Olocausto potrebbe essere più di un’aberrazione, più di una deviazione da un sentiero di progresso altrimenti diritto, più di un’escrescenza cancerosa sul corpo altrimenti sano della società civilizzata; il sospetto, in breve, che l’Olocausto non sia stato un’antitesi della civiltà moderna e di tutto ciò che (secondo quanto ci piace pensare) essa rappresenta. Noi sospettiamo (anche se ci rifiutiamo di ammetterlo) che l’Olocausto possa semplicemente aver rivelato un diverso volto di quella stessa società moderna della quale ammiriamo altre e più familiari sembianze; e che queste due facce aderiscano in perfetta armonia al medesimo corpo. Ciò che forse temiamo maggiormente è che ciascuna delle due non possa esistere senza l’altra, come accade per le due facce di una moneta".