Perdere la vita per una “sfida”, cercare l’emozione di un confronto, “esserci”, in mesi di desolante solitudine.
E gli adulti sempre più lontani, stranieri a una terra, quella dell’infanzia, della quale hanno smarrito la via e la lingua. Una bambina di dieci anni in Sicilia, forse, un bambino di nove anni a Bari. “Dei bambini non sappiamo nulla” e, a dispetto degli sforzi degli inquirenti, non sapremo mai davvero quel che sia successo, e del perché sia accaduto, in quegli istanti.
Quel che possiamo e dobbiamo fare, è aprire la porta, parlare, non abdicare, non delegare, non mollare. Se non fossimo capaci di proteggere la prole, anche da se stessa, saremmo al di sotto del mandato minimo della specie, quello di conservarsi.
Anche il Garante dei diritti del minore, dell’infanzia e dell’adolescenza Ludovico Abbaticchio è intervenuto sull’argomento con un lungo intervento pubblicato sulla pagina istituzionale. Ve lo proponiamo.
“Non ha più senso dare colpe ai social, ai genitori, alla scuola, agli amici del cuore che, attraverso l’utilizzo di questi strumenti, a volte educativi e spesso diseducativi, intrappolano o fanno crescere la conoscenza di una generazione che in realtà è sempre più lontana dal mondo cosiddetto “sano” degli adulti.
Vedremo, come sempre, illustri psicologi e sociologi televisivi, o scrittori di libri del momento, dare i loro pareri e le loro soluzioni su una generazione adolescenziale ormai persa e senza valori, su famiglie ormai disperate, su insegnanti incapaci e demotivati.
Certo, i social nascondono trappole, insidie, pericoli, dalla crescita del bullismo, pornografia, ludopatia e altro, fino alla competizione, gioco che può portare anche alla morte una bambina di 10 anni.
Parlare di più con loro, giocare, rispettarli come persone che possono anche scegliere è cosa utile. Ma il tempo per loro noi adulti lo abbiamo?
Glielo dedichiamo?
Quando una bambina di dieci anni si stringe una cintura al collo non è colpa di TikTok o similari, non è colpa della famiglia, dei social, della scuola, degli amici: non è colpa di nessuno e, se lo è, è colpa di tutti.
I social non sono il male, anzi, proprio in questo periodo di pandemia, per molti sono stati una salvezza, un modo per darsi forza a vicenda, per tenere vivi i contatti, per lavorare, per studiare, per non sentirsi soli.
L’assenza di amore e di attenzione verso i giovani, prima della famiglia e poi delle istituzioni, è cosa inaccettabile!
Fa male non essere visti, non essere ascoltati, non avere nessuno vicino che ti chiede come stai, sentire intorno a sé il vuoto o il silenzio. Vogliamo dirlo una volta per tutte che i bambini passano troppo tempo da soli?
TikTok, e simili social network, devono essere oscurati o fortemente limitati e controllati se in un sistema democratico non hanno capacità di autocontrollo, vogliamo parlare della identità digitale ad esempio?
Ma non basta, bisogna affiancare i ragazzi, stare con loro e ascoltarli sul serio quando rispondono alle nostre domande. Insieme a comportamenti educativi da rigenerare, è necessario rafforzare il servizio e la funzione della Polizia Postale.
Spesso gli adulti ritengono che l’adolescente debba imparare da solo, in parte giustamente, ma non è proprio così.
L’adulto insegna loro a vivere il quotidiano con messaggi verbali e non verbali, deve insegnare la bellezza del sogno, della fantasia, immaginare insieme a loro i progetti che nelle loro menti realizzano e consolidano.
Gli adulti devono ritornare anche al loro passato di adolescenti e rivivere la bellezza del coraggio giovanile, attraverso la speranza di un futuro più bello e più sereno.
I nuovi sistemi di comunicazione fanno parte della loro e della nostra vita, impariamo a governarli con intelligenza, creiamo nuovi metodi scolastici di informazione attraverso l’educazione civica alla salute e all’uso del digitale”.