L'abnorme presenza dei chinghiali nella nostra regione è un problema che riguarda persino il popoloso Sud-est barese, come documentato dalla foto a lato, scattata nei pressi di Madonna della Grotta, a Castellana-Grotte, nel 2016.
Raggiungono i 180 centimetri di lunghezza, possono sfiorare i due quintali di peso e hanno zanne che in alcuni casi arrivano fino a 30 centimetri. Non si tratta proprio di animali innocui e, la situazione pandemica, pare averne ulteriormene incrementato le incursioni, come riferito a maggio scorso.
Una recente sentenza della Corte Costituzionale ne ammette, ora, l'abbattimento controllato. Ancora una volta, sono gli animali a pagare le colpe della bestia più pericolosa, l'uomo.
Il cinghiale, infatti, è stato reintrodotto in Puglia vent'anni fa, tra il 2000 e il 2002, quando l'ambito territoriale di caccia della Provincia di Bari dispose la reintroduzione di centosettanta esemplari di cinghiale, peraltro di una varietà proveniente dall'Est Europa, nel Parco dell’Alta Murgia.
Già nel 2013 sono stati stanziati € 186.000,00 per il piano di riduzione numerica, tramite cattura con recinti e il monitoraggio delle popolazioni dell'animale. Il piano di cattura adottato prevede l'eliminazione dal territorio di centrotrenta capi all'anno, ma si limita alle aree boscate del Parco dell'Alta Murgia.
Ad oggi, si stima che i cinghiali ''pugliesi'' siano almeno 250.000 esemplari.
In due decenni, la presenza dei suini selvatici ha causato innumerevoli danni alle coltivazioni, incidente stradali e squilibri ecologici tavolta pesanti. Per non parlare dei rischi sanitari legati alla diffusione di malattie come la peste suina.
Chi si dovrà occupare dei capi in sovrannumero? Secondo la sentenza della Corte Costituzionale, potranno prendere parte alle operazioni di riduzione del loro numero anche agli agricoltori provvisti di tesserino di caccia, ai cacciatori abilitati, guardie venatorie e ambientali volontarie, guardie giurate, a patto che siano appositamente formati.
“L’escalation dei danni, delle aggressioni e degli incidenti che causano purtroppo anche vittime è il risultato della incontrollata proliferazione dei cinghiali In Puglia con circa 300 l’anno gli incidenti stradali causati dagli animali selvatici, soprattutto cinghiali, uno scenario aggravato dal lungo lockdown che ha svuotato le strade rurali e di città, consentendo una più libera circolazione dei selvatici”, afferma Savino Muraglia, presidente di Coldiretti Puglia.
"Nel pronunciarsi sul ricorso al Tar della Toscana di alcune associazioni ambientaliste, la suprema corte ha riconosciuto che l’aumento dei cinghiali e la riduzione del personale incaricato di controllarli ha aumentato il rischio di danni alle coltivazioni agricole ma anche alla stessa sicurezza dei cittadini, visto l’aumento degli incidenti stradali causati dai selvatici. Da qui, la decisione di procedere a un epocale cambio di direzione rispetto all’orientamento seguito negli ultimi quindici anni che aveva portato a bocciare i provvedimenti assunti dalle varie Regioni che avevano aperto alla possibilità di ampliare l’elenco tassativo dei soggetti incaricati della caccia di selezione previsto dalla legge quadro. I cinghiali i distruggono i raccolti agricoli, causano incidenti stradali ma a preoccupare" – ricorda la Coldiretti regionale – "sono anche i rischi per la salute provocati dalla diffusione di malattie come la peste suina".
La proliferazione senza freni dei cinghiali – aggiunge la Coldiretti regionale – sta compromettendo l’equilibrio ambientale di vasti ecosistemi territoriali anche in aree di elevato pregio naturalistico.