Riceviamo un'interessante riflessione a margine del caso che ha tenuto tutti con il fiato sospeso: l'incidente occorso alla speleologa trentaduenne Ottavia Piana nella grotta lombarda di Bueno Fonteno e il soccorso ad opera dei tecnici del CNSAS.
Com'è noto, Ottavia è stata tirata fuori dal meandro nel quale era caduta alle tre della scorsa notte, dopo operazioni lunghe e difficoltose. Non era lì per fare sport estremi, non era lì per sfidare la sorte. Era in grotta per studiare, raccogliere dati, esplorare, conoscere. Si chiama speleologia e non è uno sport.
Ce lo spiega, a pieno titolo, Simone Pinto, uno dei primi speleologi di Puglia, già presidente del Gruppo Puglia Grotte, istruttore nazionale dei Corsi di Speleologia della Società Speleologica Italiana, consigliere nazionale della S.S.I. e responsabile del VII Gruppo di Soccorso Alpino e Speleologico del C.A.I.
L’incidente occorso alla speleologa Ottavia Piana nella grotta di Bueno Fonteno ha scatenato un acceso dibattito, alimentato da commenti sui social e da interventi di figure autorevoli come il geologo Mario Tozzi, il quale, nel suo articolo pubblicato su "Il Messaggero" del 17 dicembre 2024 ha sollevato dubbi sull’opportunità di rischiare la vita per un’attività considerata da alcuni un semplice svago. È doveroso fare chiarezza sull’importanza della speleologia, sia per contrastare le visioni superficiali che la riducono a un hobby, sia per rispondere alle critiche che, seppur autorevoli, risultano fuorvianti.
La speleologia non è un passatempo o un’attività sportiva fine a se stessa, bensì una disciplina scientifica, come suggerisce l’etimologia stessa del termine (“spélaion” = grotta, “logos” = scienza). Essa integra conoscenze di geologia, idrologia, biologia, archeologia e fisica per lo studio delle grotte e dei sistemi ipogei. Gli speleologi raccolgono dati essenziali per comprendere fenomeni naturali complessi, tra cui l’evoluzione geologica, la dinamica delle acque sotterranee e la biodiversità in ambienti estremi.
Contrariamente al luogo comune che li associa agli alpinisti “verso il basso”, gli speleologi non si limitano a esplorare, ma svolgono un lavoro scientifico meticoloso. Tracciano rilievi topografici, analizzano rocce, studiano ecosistemi ipogei e contribuiscono alla conoscenza del patrimonio ambientale. Questo lavoro è fondamentale non solo per la ricerca accademica, ma anche per la protezione delle risorse idriche e la gestione sostenibile del territorio.
Non tutti coloro che frequentano grotte sono speleologi. Vi sono turisti attratti dalla bellezza dell’ambiente, grottisti motivati dall’avventura e speleisti che praticano l’attività con finalità sportive. La speleologia, invece, è un’attività scientifica. Gli speleologi non si limitano a osservare, ma documentano, analizzano e divulgano informazioni che arricchiscono la conoscenza collettiva. Il loro lavoro, come quello che stava svolgendo la speleologa Ottavia Piana nella grotta di Bueno Fonteno, è indispensabile per quegli specialisti che, comodamente seduti nei loro studi, elaborano dati e teorie.
Il dott. Tozzi, nel suo articolo, afferma che “qualche volta faremmo bene a fare un passo indietro dagli abissi, o dalle vette”, suggerendo che la ricerca non sempre giustifica il rischio. Questo punto di vista ignora una verità fondamentale: il progresso scientifico è spesso frutto di attività rischiose. L’esplorazione spaziale, la ricerca in ambienti estremi come i poli o gli oceani profondi e persino molte scoperte mediche sono state possibili grazie al coraggio di chi ha affrontato rischi calcolati per il bene collettivo. Gli speleologi, peraltro, non affrontano tali rischi con leggerezza. La speleologia è una disciplina che richiede una preparazione rigorosa, una conoscenza approfondita delle tecniche di sicurezza e una capacità di collaborare in gruppo. Gli incidenti, purtroppo, possono accadere in qualsiasi attività umana, ma gli speleologi adottano protocolli severi per minimizzarli. Inoltre, il Corpo Nazionale di Soccorso Alpino e Speleologico (CNSAS) è un esempio di eccellenza nel garantire interventi tempestivi ed efficaci in caso di emergenza.
La speleologia offre benefici tangibili per la società. Ad esempio:
1. Protezione delle risorse idriche: Le grotte sono spesso collegate a falde acquifere. Gli speleologi studiano queste connessioni per prevenire contaminazioni e garantire la gestione sostenibile delle risorse.
2. Conservazione della biodiversità: Gli ecosistemi ipogei ospitano specie uniche, fondamentali per comprendere l’adattamento alla vita in condizioni estreme.
3. Archeologia e paleontologia: Molte scoperte sul passato dell’umanità e della Terra sono avvenute grazie a esplorazioni speleologiche.
4. Sicurezza e prevenzione: Gli speleologi mappano cavità naturali e artificiali, contribuendo a prevenire rischi geologici come crolli o alluvioni.
Le parole del dott. Tozzi, per quanto autorevoli, sottovalutano il valore della speleologia e il contributo degli speleologi alla scienza e alla collettività. Definire la speleologia un’attività da cui “fare un passo indietro” non solo sminuisce il lavoro di chi rischia per il progresso, ma rischia anche di alimentare pregiudizi contro una disciplina che merita rispetto e sostegno. La speleologia non è un capriccio personale, ma una missione collettiva. Ogni dato raccolto sotto terra contribuisce a migliorare la nostra comprensione del mondo e a preservarlo per le generazioni future. Invece di criticare chi si spinge oltre i limiti per portare alla luce ciò che è nascosto, dovremmo riconoscerne il valore e sostenerne l’impegno.


