In Puglia va salvaguardata l’agricoltura eroica con gli agricoltori custodi che preservano presidi di eccellenza della biodiversità anche in condizioni climatiche estreme, lavorano in terreni con rese molto basse o con difficoltà eccessive nel processo produttivo e salvano dal rischio estinzione le 623 specie autoctone pugliesi.
Lo ha affermato Coldiretti Puglia, in occasione della XV Giornata mondiale di preghiera per la cura del Creato celebratasi il primo settembre scorso, un’iniziativa voluta dalla Conferenza Episcopale Italiana dedicata a riaffermare l’importanza, anche per la fede, dell’ambientalismo con tutte le sue implicazioni etniche e sociali.
Pregne di significato le parole di papa Francesco a riguardo: "L’attuale pandemia ci ha portati in qualche modo a riscoprire stili di vita più semplici e sostenibili. La crisi, in un certo senso, ci ha dato la possibilità di sviluppare nuovi modi di vivere. È stato possibile constatare come la Terra riesca a recuperare se le permettiamo di riposare: l’aria è diventata più pulita, le acque più trasparenti, le specie animali sono ritornate in molti luoghi dai quali erano scomparse. La pandemia ci ha condotti a un bivio. Dobbiamo sfruttare questo momento decisivo per porre termine ad attività e finalità superflue e distruttive, e coltivare valori, legami e progetti generativi. Dobbiamo esaminare le nostre abitudini nell’uso dell’energia, nei consumi, nei trasporti e nell’alimentazione. Dobbiamo togliere dalle nostre economie aspetti non essenziali e nocivi, e dare vita a modalità fruttuose di commercio, produzione e trasporto dei beni".
"La Puglia può contare" – ha ricordato il presidente di Coldiretti Puglia, Savino Muraglia – "su 245mila ettari di aree naturali protette, di cui il 75,8% rappresentato da parchi nazionali – del Gargano e dell’Alta Murgia – e l’8,3% da aree naturali e riserve naturali marine. Le provincie che presentano la più alta percentuale di territorio soggetta a protezione sono quella di Foggia (51,5%) e Bari (27,7%). In questi luoghi protetti la varietà vegetale comprende 2.500 specie. Va rispettato il modello di agricoltura costruito attorno al territorio e alla certezza di sicurezza alimentare e ambientale da garantire ai cittadini-consumatori, perché il territorio è lo strumento per offrire bellezze, bontà e genuinità, quindi, anche occasione di autentico miglioramento della qualità della vita, non sacrificabile sull’altare di uno sviluppo apparente e non sostenibile”.
La Puglia è tra le prime tre regioni produttrici di cibo biologico con 4.803 produttori e la prima – aggiunge Coldiretti Puglia - per numero di trasformatori con 1.796 operatori.
In Puglia sono 276 i prodotti riconosciuti tradizionali dal MIPAF, oltre a 11 prodotti DOP (5 oli extravergini, patata novella di Galatina, Pane di Altamura, canestrato pugliese, mozzarella di bufala e oliva Bella di Cerignola, caciocavallo silano, oltre alla DOP ‘mozzarella di Gioia del Colle’ in via di definizione comunitaria), 9 IGP per l’olio di Puglia, la lenticchia di Altamura, la burrata di Andria, la Cipolla Bianca di Margherita, l’Uva di Puglia, il Carciofo Brindisino, l’Arancia del Gargano, il Limone Femminello del Gargano e le Clementine del Golfo di Taranto e 29 vini DOC e 6 IGP.
La grande attenzione dei consumatori alla tutela della salute e dell’ambiente attraverso scelte agroalimentari consapevoli è testimoniata quotidianamente dall’affluenza nei Mercati di Campagna Amica regionali che hanno puntato proprio sui Sigilli della biodiversità per offrire prodotti eroici ai consumatori, a rischio estinzione, garantiti da agricoltori altrettanto eroici che quotidianamente ne garantiscono l’esistenza.
Per questo per i consumatori il KM0 garantisce l’impatto 0, considerato che a livello globale è stimato che un pasto medio – continua Coldiretti Puglia - percorre più di 1.900 chilometri per camion, nave o aeroplano prima di arrivare sulle tavole e spesso ci vuole più energia per portare il pasto al consumatore di quanto il pasto stesso provveda in termini nutrizionali, senza contare gli effetti sull’atmosfera e sui cambiamenti climatici provocati dall’emissione di gas ed effetto serra.
Consumando prodotti locali e di stagione e facendo attenzione agli imballaggi, una famiglia – secondo Coldiretti – può arrivare ad abbattere fino a 1000 chili di anidride carbonica l’anno. E’ stato ad esempio calcolato che un chilo di prugne dal Cile devono volare 12mila chilometri con un consumo di 7,1 kg di petrolio che liberano 22 chili di anidride carbonica, mentre l’uva dal Perù percorre quasi 11mila chilometri con un consumo di 6,5 chili di petrolio e l’emissione di 20,2 chili di anidride.