Data lo scorso 28 maggio la comunicazione, a firma del presidente Giovanni Malagò, con la quale il CONI annunciava il conferimento della Stella di bronzo al merito sportivo, in riconoscimento delle benemerenze acquisite nella sua attività dirigenziale al castellanese Franco Pace.
Scomparso il , il castellanese vede così attestate le capacità e i risultati conseguiti con la sua attività, la generosa collaborazione e l'impegno dedicati allo sport in tanti anni di servizio. L'onorificenza verrà consegnata nel corso di una cerimonia predisposta dal Comitato Territoriale del CONI.
Chi era Franco Pace? Come mostravano nel servizio dedicatogli per i suoi settant'anni, si è trattato di una figura molto importante per tanti giovani castellanesi.
Comandante del corpo della Polizia municipale di Castellana-Grotte e Cavaliere della Repubblica, Franchino è stato dapprima un atleta, dagli anni Sessanta per la Libertas, poi, terminate le sue esperienze come giocatore, intraprese l’attività di allenatore prima nella Juvenilia, poi con l’As Grotte. Sono passati attraverso i suoi insegnamenti tantissimi giovani. Per Rino Fanelli, uno dei talenti da lui lanciati, “Tutto il gruppo aveva un bel rapporto con lui come allenatore e Mario Corallino come presidente. Ci facevano stare bene insieme. Ricordo quando organizzò per me un provino a Milano nell’Inter, ma la sfortuna si mise di traverso e per un improvviso sciopero dei trasporti, saltò tutto e lui rimase molto amareggiato per l’occasione persa. Con noi ragazzi era severo quando necessario, ma anche comprensivo, insomma una figura paterna”.
Così lo ricordava, infine, il figlio Maurizio, all'indomani dalla dipartita: “Con noi figli è stato abbastanza severo: rispetto, educazione, disciplina e puntualità erano i suoi principi. Nell’ambito sportivo i suoi ragazzi erano come suoi figli perché il calcio per lui era una scuola di vita. Più importante della vittoria del campionato era la coppa disciplina, ed era per lui un vanto averne vinte diverse. Era il paladino dei deboli e dei fragili, la sua missione era strappare un sorriso con una battuta, ai bambini, agli anziani di cui aveva rigoroso rispetto, ai disabili, ai poveri, ai delinquenti che considerava sfortunati da aiutare comunque. Odiava le ingiustizie, l'arroganza e la tracotanza. Non amava le sfumature, per lui era o bianco o nero. O bianconero, come la Juventus che ci ha fatto amare da bambini. È stato sempre iperprotettivo, cercando di prepararci la strada a suo avviso piena di buche e pericoli. Ci ha amato a modo suo e noi siamo orgogliosi per quello che ha fatto per noi e per tutti”.