Ivan Sgobba
Nato a Parigi il giorno del solstizio d'estate nel 1974 da Italo Sgobba - oriundo castellanese e da Anne Marie - parigina di origini normanne, dopo gli studi in Scienze Umane ha trovato impiego in campo diplomatico.
Suona la chitarra elettrica.
Il suo motto è "Remets à après demain ce que tu pouvais faire la veille".
Da Parigi, quartiere Saint-Martin, ci regala uno sguardo differente sull'Italia e sulla nostra città.
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I contributi di Ivan
FRENCHIETALIANS! Racconto breve di strade che si incrociano - 28 giugno 2012
Di come la gastronomia italiana ha fagocitato la cucina francese - 7 dicembre 2011
Parizzica, la Pizzica sulla Senna - 24 dicembre 2011
Racconto breve di strade che si incrociano - 28 giugno 2012
La settimana italiana ha avuto luogo a Parigi dal 22 al 27 giugno scorsi.
Esposizioni, concerti, dibattiti, letteratura, gastronomia e cinema hanno caratterizzato quest'appuntamento con cadenza annuale. L'edizione 2012 è stata dedicata proprio alla Puglia, con la presenza dei gruppi musicali Rosapaeda, Nidi d'Arac e di alcuni componenti dei Negramaro. La location è stata Place d'Italie, a sud di Parigi, non a caso...
Al di là dell'avvenimento culturale, per quel che mi riguarda è stata l'occasione per incontrare e ascoltare i vecchi italiani, arrivati a Parigi dai quattro angoli della Francia dove risiedono da molti decenni.
Comprendere i percorsi, apprendere i paradossi, affrontare le questioni legate all'identità, alla lingua, all'attaccamento al Paese d'origine e al Paese che li ha accolti.
Dopo il secondo conflitto mondiale, nei confronti degli immigrati la Francia ha applicato la metodologia assimilazionista: specie nelle famiglie italiane, si è abbandonata la lingua materna per adottare, specie coi bambini, la lingua del Paese ospitante. Il percorso logico è stato il seguente: cancellandone le origini, si voleva permettere ai discendenti degli immigrati di prima generazione di integrarsi, di divenire trasparenti ed evitare discriminazioni ed episodi di bullismo.
Non tutti sanno che i primi immigrati subirono violenze inaudite, come ad Aigues-Mortes, nel 1893, dove molti immigrati italiani furono assassinati dalla popolazione locale. I matrimoni misti e il biberon della scuola pubblica hanno fatto il resto.
Quelle che erano comunità omogenee si sono dissolte con il succedersi delle generazioni. La scalata sociale diveniva possibile: da operai, a piccoli imprenditori.
I figli al lavoro nell'impresa famigliare ancora comunitaria e già lanciati al di fuori dalla comunità dai loro studi. Se la seconda generazione è ancora a cavallo tra vecchio e nuovo, la terza generazione segue una traiettoria professionale completamente al di fuori dalla comunità d'origine.
Secondo uno studio dell'Università della Sorbona, l'emigrazione italiana verso la Francia dal 1851 al 1967-1973 è stata un fenomeno importante per durata e numero di soggetti coinvolti. La Francia è la seconda meta dopo gli Stati Uniti per numero di immigrati italiani. Eppure poco si sa delle generazioni che ci hanno preceduto. Si sente spesso questa frase: Credo che mio nonno venisse dal Piemonte, ma non ne sono molto sicuro...
Di come la gastronomia italiana ha fagocitato la cucina franceseSi sa che i nostri vicini transalpini sono riusciti nell'impresa d'imporsi nel mercaro del jeans statunitense utilizzando una marca dal nome di un carburante e riservando al concorrente principale sulla piazza il ruolo di fanalino di coda.
Nessuno è profeta in patria.
Accadrà lo stesso per la cucina francese, sebbene elaborata, ricca e varia? Cesserà di rappresentare una Bastiglia impenetrabile?
Gettando un'occhiata nei menu della capitale francese, non si può che prendere atto dell'influenza crescente dei piatti italiani, sino alla banalizzazione dei termini culturali del Bel Paese.
Nessuno ci avrebbe scommesso solo vent'anni addietro, quando la cucina italiana era ridotta grossolanamente a pasta al pomodoro e pizza.
Carpaccio di qua, risotto di là, bruschetta qui, Antipasti? Certo, signora!
La caprese condita con aceto balsamico è divenuta un piatto imperdibile sulla tavola del francese tipico.
Fatto nuovo, poi, che riguarderà strettamente i Pugliesi: la burrata è divenuta il massimo.
Parizzica, la Pizzica sulla SennaI Parigini ballano, danzano al suono della Java Musette, i Polacchi ballano la Mazurka, i Punk i pogo frenetici. I Pugliesi, invece, si danno alla Pizzica ed alle sue numerose varianti...
Ancora sconosciuta, al contrario della tarantella campana, non se ne ascolta tanta di Pizzica. Il suo ritmo comincia, timidamente, a farsi strada nei club, nelle sale da concerto dalla programmazione alternativa, soprattutto nel sud-est parigino.
Quanto ai locali dei quartieri ad ovest della città, si ascoltano solo le geremiadi delle varie Rihanna e Britney Spears.
In un locale del quartiere Belleville, Le tre arti, si impartiscono lezioni di Pizzica. Allo stesso luogo fanno capo musicisti che, due volte alla settimana, suonano Pizzica. Allo stesso modo alla Cave du Chapelet.
Anche sale rinomate accolgono frequentemente gruppi quali Nidi d'Arac, o Canzoniere Grecanico Salentino.
I più noti Officina Zoe partecipanoo al festival itinerante a cadenza annuale Banlieues Bleues.
Insomma, mi pare che questo ritmo, questa danza, questa musica possa parlare anche ad individui che le sono completamente estranei. Ho personalmente fatto un test. Ho invitato alcuni amici francesi a casa ed ho fatto loro ascoltare per la prima volta della Pizzica. Alcuni di loro vi hanno trovato similitudini con la musica bretone, improvvisandone i passi col sottofondo musicale salentino.
Altri amici giapponesi erano letteralmente in trance!
Quasi un momento di magia e comunione casuale attorno a della musica tecno-tribale-acustica antica... in città.