La prima traccia documentaria di un vicus o locus Castellano risale al 901.
Ma è probabile si trattasse di luogo campestre. Una certa concentrazione di dimore e una popolazione colonica stabile lasciano invece intendere i diplomi normanni dei conti di Conversano con cui nel 1098 il conte Goffredo, dona al Monastero di San Benedetto, ampia libertà; e insieme l'intera giurisdizione feudale sugli abitanti di Castellano, che egli aveva precedentemente donato insieme con un vasto territorio circostante.
Goffredo, tra le altre cose, concedeva all'abate di San Benedetto, la facoltà di radunare gente, al fine di incrementare la famiglia colonica di Castellano.
A seguito di contese tra Ruggero II e i Dinasti Normanni (tra cui i Conti di Conversano), Castellano dovette andare distrutta. Nel dicembre 1171, l'Abate Eustasio (che mirava a ripopolare il feudo di Castellano per goderne nuovamente le pingui rendite) dona la Chiesa Madre e le terre circostanti a due otrantini, Nicola e Costa, con favorevoli condizioni di vassallaggio. Ma Nicola e Costa erano solo i rappresentanti e procuratori di un gruppo di coloni, ben altrimenti folto e numeroso.
Il solenne documento è l'atto di nascita dell'attuale comunità castellanese. Il ricostruito vicus prosperò rapidamente e si costituì in universitas. È da collocarsi in questo periodo la presunta venuta a Castellana di Federico II e la sua sosta d'una notte, sotto l'Olmo di Porta Grande, ormai inesistente (narrava un antico adagio che la città sarebbe divenuta famosa per l'Olmo di Porta Grande, per la Grave: unica caverna delle grotte ad essere già conosciuta perché comunicante con l'esterno, e per la giacca di mastro Natale: sfugge ai più di cosa si trattasse...).
Pochi anni dopo, nel 1266, è invece il monastero di Conversano ad apparire totalmente abbandonato.
Nel dicembre del 1266 Papa Clemente IV concede il monastero di Conversano, abbandonato, a un gruppo di monache cistercensi, fuggite dalla Morea (Grecia) per l'incalzare della conquista di Michele Paleologo e approdate a Brindisi. Alle monache il papa concesse tutta intera l'eredità monastica, nulla eccettuando, nemmeno la giurisdizione ecclesiastica.
Così la badessa di San Benedetto di Conversano vide trasferita nella sua persona la potestà ordinaria sul clero e sul popolo di Castellano, diventandone prelata. E come tale si vide insignita dell'onore della mitra e del pastorale. Era nato il Monstrum Apuliae, lo stupore di Puglia. Tale giurisdizione quasi vescovile durò ininterrotta fino al 1810, quando fu abolita dalle leggi napoleoniche in merito alle soppressioni degli ordini monastici.
Non così la giurisdizione feudale. Gestita dapprima dalle religiose, dal XIV secolo queste videro più conveniente procedere all'affitto della giurisdizione temporale sul casale di Castellano. Così fino al 1407, quando, a seguito di una intricata vicenda, si posero le premesse per il passaggio di Castellano in mani laiche. L'atto finale, sancito nel 1538, compensava il monastero con un semplice e modesto canone annuo. Ma anche i castellanesi non ebbero di che rallegrarsi.
La vicenda che era stata promossa da loro, si volgeva fatalmente a loro danno. Finirono infatti nelle mani del duro principe di Taranto Giannantonio Orsini del Balzo (1440-1456).
In quell'anno, insieme con il resto della contea di Conversano, Castellana costituì la dote di Caterina Orsini (figlia naturale del Del Balzo), che andò sposa a Giulio Antonio Acquaviva, duca d'Atri. Castellana rimase feudo degli Acquaviva fino alla eversione dalla feudalità, nel 1806.
L'unica superstite opera difensiva è la torre rotonda detta impropriamente "castello", in via Fratelli Bandiera, alla cui sommità si trova una curiosa scultura, detta la Castellana: secondo la tradizione, Maria de Castellana, insieme alle due figliole avrebbe trovato qui rifugio nei boschi, e qui poi si sarebbe trasferita dopo la morte del marito, il Castellano di Bari, dopo l'assalto dei Saraceni del 978.
Dal Cinquecento e sino all'Ottocento, il territorio diventò uno straordinario vigneto.
Ogni fondo si dotò di un palmento, ogni proprietario diventò produttore vinicolo.
Altra produzione molto redditizia diventò quella del grano.
Per far posto ai campi di coltivazione del grano e degli altri cereali si cominciò una notevole trasformazione del territorio.
Il disboscamento delle colline cominciò nel Seicento e si concluse nel Settecento, quando si era cominciato a vedere l'effetto devastante delle acque pluviali che, non più trattenute dai boschi, precipitarono a valle e allagarono il paese, costruito attorno alla conca di Porta Grande, dov'erano scavati i grandi pozzi e le fogge per la riserva dell'acqua.
Le alluvioni divennero frequenti (dieci solo tra il 1791 e il 1900).
Causarono oltre a gravi danni, numerose vittime.
Solo con la costruzione della monumentale opera del Canalone si pose fine alle inondazioni; si tratta di una struttura, costruita all’inizio del Novecento per controllare il deflusso delle acque meteoriche, che da Porta Grande conduce sino alla voragine di San Jacopo.
Sebbene sconvolti da grandi rivolgimenti politici e da terribili guerre, gli ultimi due secoli si sono svolti a Castellana con una relativa serenità e con un crescente prospero benessere, dovuto all'abilità dei suoi artigiani, all'intraprendenza di buoni piccoli industriali.
Non si può non citare Saverio de Bellis (1832-1918), industriale di livello nazionale e generoso benefattore.
La città ha anche dato i natali a importanti personalità culturali e artistiche.
Per citarne alcuni: lo scultore Fra' Luca Principino, lo scultore Aurelio Persio (1518?-1579), originario di Montescaglioso in Basilicata, lavorava in Sicilia con i Gagini, il pittore Vincenzo Fato (1705-1788), attivo in tutta la Terra di Bari e a Napoli, il poeta e musicista Giovanni Tauro (1834-1911), il filosofo e pedagogista Andrea Angiulli (1837-1890), il fisico e rettore dell'Università di Napoli Luigi Pinto (1846-1920), il geologo e numismatico Luigi Dell'Erba (1853-1937), il pedagogista Giacomo Tauro (1837-1951), lo storico, politico e giornalista Michele Viterbo (1890-1973), il giornalista Francesco Francavilla (1896-1977), il pittore Sergio Nicolò de Bellis (1898-1946).
La storia più recente è legata al nome di Franco Anelli (1899-1977), padre della speleologia italiana. Docente di Geografia all'Università di Bari, direttore delle Grotte di Postumia, poi di quelle di Castellana scoperte nel 1938 e che diresse fino alla sua morte. Amò profondamente le Grotte di Castellana e le fece conoscere a tutto il mondo attraverso studi e pubblicazioni.
(Testo tratto da www.comune.castellanagrotte.ba.it)
Bibliografia
Associazione Culturale CE.RI.CA. Castellana Grotte ed il suo territorio. Il cuore della Puglia. Guida storico–turistica, Fasano, Schena Editore, 1997.
Lanera M., Fonti per la storia di Castellana, fasc. I, Bari, 1975.
Lanera M., Fonti per la storia di Castellana, fasc. II, Castellana-Grotte, 1978.
Manfredi G., Il feudo di Castellana - Il Monastero di San Benedetto e la Contea di Conversano, Bari, 1935.
Viterbo M., Castellana. La contea di Conversano e l'abbazia di San Benedetto. Storia della Puglia dalla preistoria alla fine del XVII secolo. Laterza, 1987.
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