Riceviamo e pubblichiamo da Khatuna Sharadze, a margine del progetto "Sostegno alle iniziative della diaspora", da lei ideato e finanziato dal Ministero degli Affari Esteri della Georgia con il sostegno dell'Amministrazione Presidenziale, allo scopo di diffondere la conoscenza della cultura, della storia e delle tradizioni della Georgia.
Perdere la tradizione di una lingua è perdere un elemento importante della propria culturale.
Bisogna partire da questo presupposto per cominciare a comprendere che la lingua va abitata con tutta la sua storia, la sua identità, la sua appartenenza. La lingua georgiana è l’espressione della cultura georgiana. Così come ogni cultura è l’espressione di una lingua.
Il percorso della lingua è un interfacciarsi con modelli di civiltà. La lingua georgiana, a differenza delle numerose altre lingue del Caucaso, divenne, già in epoca precristiana, la lingua comune delle popolazioni cartveliche riunitesi in un unico gruppo. A un determinato momento, quale risultato di un lungo processo culturale, essa divenne la lingua delle popolazioni di gran parte del Caucaso.
I mosaici Bi’r el-Qutt, ad esempio, in una piana a pochi km da Betlemme situata a mezza costa tra un wadi e la sommità della collina di Gebal Abu-Ghunneim, tra i cespugli di mirto e gli alberi d’ulivo. Da lì, provengono due tra le più antiche testimonianze in lingua georgiana conosciute al mondo. Si tratta di due grandi frammenti di mosaico recanti iscrizioni in caratteri Asomtavruli databili al V e al VI secolo.
La Georgia, l’antica Colchide, è il tradizionale corridoio di transito dei traffici tra Europa ed Asia ed è stata da sempre attraversata da viaggiatori provenienti dall’Italia, in gran parte mercanti e missionari. Una descrizione del Paese alla fine del tredicesimo secolo fu fornita da Marco Polo nel Milione, la storia di un incredibile viaggio di andata e di ritorno, durato ciascuno oltre tre anni, e della permanenza di 17 anni in Catai alla corte del Gran Khan.
Il suo fu il primo attendibile, completo resoconto, il primo contributo alla reciproca conoscenza tra Asia ed Europa.
Nel maggio del 1626 il Vaticano decise di aprire in Georgia la missione dei padri teatini. Tre anni dopo l’italiano padre Stefano Paolini, cattolico e il georgiano Niceforo Irbachi, cristiano ortodosso, diedero alle stampe il primo libro pubblicato in georgiano. Il “Dittionario giorgiano e italiano” uscì per i tomi della Sacra Congregatio de Propaganda Fide. Pubblicato a Roma nel 1629. Il dizionario contiene 3084 parole, stampate su tre colonne: georgiane nella colonna di sinistra; traslitterazioni italiane nella colonna centrale e una spiegazione del significato di ogni parola, in italiano, nella colonna di destra. Sono riportati l'alfabeto georgiano e gli equivalenti latini di ciascuna delle sue lettere. L'originale è conservato presso la Biblioteca Nazionale della Georgia.
Fu, poi, sempre a Roma e sempre per mano di un missionario teatino, Francesco Maria Maggio, che vide la luce “La grammatica georgiana”. Era il 1643.
Dopo un'evoluzione parallela durata secoli, grazie all'Unesco i tre alfabeti georgiani nel 2016 diventano patrimonio culturale immateriale dell'umanità.
Sono passati quarantaquattro anni dal 14 aprile del 1978, quando si sventato il serio pericolo di perdere la lingua georgiana. Fu allora, infatti che il regime sovietico dispose che Eduard Shevardnadze e che, nella costituzione della Repubblica Socialista Federativa Georgiana, la lingua georgiana perdesse il proprio status di lingua ufficiale del Paese.
Dimostrazioni di strada costrinsero il regime a fare un passo indietro. Nel 1991 è stata proclamata l'indipendenza con la nascita della Repubblica di Georgia.
Ma, ancora oggi, il 20% del Paese è, di fatto, occupato dalla Russia.