Si è concluso con un focus sul latte il ciclo di seminari sulla sicurezza alimentare organizzati dall’I.I.S.S. “Consoli-Pinto” di Castellana-Grotte.
Il terzo appuntamento, di formazione ed aggiornamento professionale, organizzato in collaborazione con il Dipartimento prevenzione ASL/BA - Servizio Veterinario B area Sud, e docenti delle Università di Bari e Foggia, ha visto la partecipazione di diverse autorità del settore a confronto con esperti e studenti, futuri “ambasciatori” della sana alimentazione mediterranea.
“Per quanto riguarda la sicurezza nel latte trasformato, ovvero pastorizzato, che ha subìto trattamenti termici o anche UHT o sterile" - ha detto Giovanni Normanno, docente di ispezione degli alimenti nella Facoltà di scienze agrarie dell’Università di Foggia - "la sicurezza microbiologica è completamente garantita. Diverso è se si tratta di latte crudo, latte che negli ultimi anni si può commercializzare anche nell’Unione Europea e in Italia. Va usato con estrema cautela perché è un alimento che da un punto di vista microbiologico potrebbe avere molte criticità anche molto importanti. Non è un caso che chi vuole acquistare il latte crudo è tenuto poi ad effettuare un trattamento di bollitura domestica. In teoria, il latte crudo non dovrebbe arrivare mai tale e quale al consumatore”.
Un argomento difficile da esporre, soprattutto perché nei consumatori esiste la convinzione che una cosa meno manipolata sia migliore: “Esistono moltissime convinzioni sbagliate soprattutto in sicurezza alimentare" – ha continuato Normanno - "Tra queste il fatto che il latte crudo possa fare bene. Il latte crudo invece può contenere tanti agenti patogeni pertanto sì al consumo di latte a condizione che sia pastorizzato o comunque trattato termicamente a temperature di sicurezza. Nel 2013 abbiamo avuto la più vasta epidemia europea causata da un particolare ceppo di Escherichia Coli , lo O26, un germe che può causare la sindrome emolitico-uremica. Si pensò all’epoca che potessero essere stati alcuni prodotti caseari da latte crudo ad aver causato l’epidemia. Purtroppo nel 2017 abbiamo avuto addirittura due casi mortali di sindrome emolitico uremica. Le fasce maggiormente a rischio sono quelle fino ai 12 anni e over 65”.
La sofisticazione è stata al centro della mattinata di formazione, perché - come ha sostenuto l’Ispettore dei NAS Giovanni Galetta - "in tutte le società di tipo competitivo il ricorso alla frode è praticamente sistematico. Nel campo del latte, però, si registrano degli interventi manipolatori sicuramente inferiori rispetto ad altri settori merceologici. Ho 26 anni di esperienza nei NAS in Puglia e nel complesso possiamo affermare che almeno in questo campo l’imprenditore ha rispetto per i prodotti che gli provengono dalla terra che automaticamente si traducono in una sorta di garanzia per il consumatore”.
Ma il latte fa bene o fa male? A rispondere è stato Antonio Moschetta, docente di medicina interna all’Università degli Studi di Bari, che si è soffermato sul concetto di prevenzione e di obesità, in riferimento soprattutto alla circonferenza dell’addome: “C’è un grande movimento sia di formazione che di informazione. L’Italia, anche a livello di Ministero della Salute, sta facendo tanto nelle scuole per dire che una circonferenza al di sopra di determinati valori, che ricordo sono 88 cm nella donna e 94 nell’uomo, deve essere controllata come uno dei fattori più importanti di prevenzione o di rischio di malattie cardiovascolari e oncologiche. È necessario dire a chi in futuro si occuperà della nostra salute a tavola di comporre menu che possono essere personalizzati per far rientrare tutti in una fascia di rischio inferiore. Questo vuol dire longevità e migliore qualità di vita. Il latte fa male? Togliendo tutti i fattori interferenti" – ha concluso il prof. Moschetta - "io dico che il latte è un alimento fantastico, con acidi grassi proteine e zuccheri. Può essere addirittura un’alternativa ad un pasto per cui non esiste che il latte induca il tumore o che faccia male. Però attenzione a chi lo assume e a chi lo beve. Se lo assume un soggetto obeso o diabetico o con circonferenza d’addome elevata certamente non contribuisce a perdere la fascia di rischio. Per cui torna il concetto principale: la nutrizione va sartortializzata”.