Culminati nella celebrazione di questa sera in via Vito Sgobba, tenutasi all'aperto, nel rispetto delle disposizioni per la prevenzione del contagio da Covid-19, i solenni festeggiamenti in onore di Maria Santissima del Caroseno, l'icona mariana venerata nell'omonima chiesa castellanese guidata dal parroco don Vito Cassone.
Nella bella chiesa dalla facciata barocca, antico limite del centro urbano costruita, extra moenia, lungo la via per Putignano, troneggia in questi giorni la statua processionale, raffinata opera in cartapesta di fattura salentina sistemata, per l'occasione, sotto un fastigio dorato. (ph. Ezia Secondo).
Ed è proprio l'edificio religioso nel quale si venera la protettrice delle partorienti a costituire l'epicentro degli eventi settembrini, sin dal 1692. Com'è noto, a segnare, tradizionalmente la fine delle vacanze, la Festa del Caroseno è accompagnata dall'ultrasecolare fiera.
La fiera del Caroseno vede i suoi primi esiti documentali negli elenchi delle fiere angioine; è, difatti, una tra le più antiche della Terra di Bari. In passato era seconda alla fiera di San Giacomo, una vera e propria fiera agricola e di bestiame che durava 6-7 giorni in largo Porta Grande.
Sin dagli albori, la fiera del Caroseno era occasione per acquistare cretaglie, come vasi, piatti, tegami e pignate. Era il momento adatto per degustare i primi fichi d’india giunti a maturazione. Storicamente, i fichi d'india venivano venduti nei pressi della vecchia fontana in pietra di via Mazzini, detta la fontana a due. La presenza dell'acqua, infatti, era utile alle meticolose operazioni di asportazione della scorza spinosa dei prelibati frutti.
Protagonista della manifestazione è, da sempre, il formaggio "punto", forme fermentate dal sapore non proprio anodino. Il giorno della fiera la nostra città diventa un gigantesco emporio, con strade e piazze ricoperte di una miriade di bancarelle dove si può trovare di tutto: dall’artigianato al vestiario, dai prodotti alimentari agli strumenti agricoli. Il pranzo dell'8 settembre, per il castellanese DOC, è costituito da pietanze ''pronte'', visto che l'attardarsi tra i banchi della fiera non consente elaborate preparazioni: si mangiano focaccia, olive, salumi, verdure crude, frutti di stagione. (ph. Michele Micca Longo).
Quest'anno, per la trecentoventottesima edizione la manifestazione avrà luogo nel cosidetto quartiere ''167'', tra i palazzi prospicenti via della Resistenza, scelta determinata dalle disposizioni in materia di prevenzione dal Covid-19: l'area consente, infatti, un maggior distanziamento rispetto al centro cittadino.
Mancata, invece, la sessantaquattresima della "Sagra del pollo e del coniglio", l'appuntamento organizzato dalla locale Confcommercio Ascom che unisce la degustazione del pollo arrosto alle vetrine satiriche presso le macellerie cittadine.
Insomma, un'edizione figlia dei tempi, di questri strani mesi in bilico tra la speranza di lasciarsi alle spalle le serrate e l'apprensione per i crescenti contagi.
Tiriamoci su con le stupende immagini dei nostri concittadini Ezia Secondo e Michele Micca Longo.
L'effige della Madonna del Caroseno
I vegetali in fiera
Il formaggio punto, una roba non da tutti
Fichi d'india e azzeruoli
Focacce, olive. lupini e frutta secca: il pranzo dei castellanesi
Le cretaglie, i cesti e gli attrezzi da cucina, immancabili protagonisti della fiera